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Nuova legge urbanistica dell’Emilia Romagna

9 febbraio 2017

Una legge per l’interesse di pochi

Questa sera a Reggio, alle 20:30 alla Polveriera, il Sottosegretario alla Presidenza della Giunta e i consiglieri regionali Soncini e Pruccoli presenteranno la bozza della nuova legge urbanistica regionale, mentre l’assessore regionale Donini torna alla Commissione dell’Assemblea legislativa regionale per presentare una seconda stesura della sua proposta di legge. Una legge le cui parole d’ordine risparmio di suolo, semplificazione e qualificazione delle città sono totalmente contraddette dal suo dispositivo. La settimana scorsa i gruppi assembleari 5Stelle e L’AltraEmiliaRomagna hanno organizzato una giornata di studio e approfondimento sulla proposta di legge, a cui hanno contribuito amministratori, studiosi del territorio e del diritto, urbanisti. Le valutazioni espresse sono state severe, sia sul piano politico che nei risvolti tecnici.
L’assessore Donini afferma con orgoglio che si passerà da una pianificazione urbanistica di orizzonte ventennale, quale l’attuale, a una di respiro annuale. E che visione sosterrà tale politica? Rilanciare l’economia facendo ripartire il mercato delle costruzioni, a qualsiasi costo. Da qui la scelta politica di annullare i poteri dei comuni sulle trasformazioni intensive del territorio e assegnare alle iniziative immobiliari private il ruolo esclusivo di motori del cambiamento. Questi interessi privati corrispondono in realtà ai soli interessi delle imprese di costruzioni e delle altre società che già possiedono aree periferiche inattuate o immobili da riqualificare e vi hanno programmato iniziative immobiliari.

Col pretesto della semplificazione degli strumenti di pianificazione l’intento è istituire un doppio regime: il consueto sistema rigido e sordo per le famiglie e le attività economiche che hanno bisogno di adeguare casa, negozio o capannone, l’azzeramento di ogni disciplina sulle trasformazioni intensive, siano queste grandi e piccole demolizioni e ricostruzioni, nuovi insediamenti residenziali, centri commerciali, aree produttive. La legge proposta proibirebbe tassativamente ai comuni di stabilire una disciplina urbanistica cogente degli interventi intensivi: destinazione, dimensioni, caratteristiche, localizzazione sarebbero interamente rimessi agli accordi operativi che solo i proprietari privati avrebbero titolo per avanzare.
La proposta abolizione dell’urbanistica non accrescerebbe affatto l’autonomia dei comuni, e i sindaci non dovrebbero illudersi. Secondo giudizi portati alla giornata di studio la proposta di legge consegnerebbe i comuni legati mani e piedi all’arbitrio degli interessi speculativi immobiliari. A fronte di progetti anche mostruosi ai comuni sarebbe concesso solo verificarne la conformità al piano urbanistico generale, che sarebbe ovviamente scontata, essendo vietata qualsiasi regola cogente. E ogni decisione dell’amministrazione sarebbe in ogni caso imputabile di aver concesso troppo e ottenuto troppo poco. Che “qualificazione delle città” porterebbe l’abolizione dell’urbanistica è facile immaginare. E quanto al proclamato “risparmio di suolo”, se si presta attenzione ai dispositivi della legge si scopre una mistificazione. I 250 chilometri quadrati di espansioni urbanistiche oggi previsti dai piani vigenti non verrebbero affatto azzerati, come afferma l’assessore, ma in larga parte o anche tutti confermati su richiesta dei proprietari, perfezionabile entro cinque anni. A questi si aggiungerebbe l’ampliamento dei territori urbani ammesso dal vantato limite del 3% cioè di altri 70 chilometri quadrati. Rispettando il 3% Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Reggio crescerebbero di altri due chilometri quadrati ciascuna, sufficienti ad altri ventimila abitanti ognuna. Al contrario di quanto proclamato, la legge proposta non solo non ridurrebbe il dispendio di suolo, ma aprirebbe la strada allo sperpero, lasciando pieno arbitrio alle logiche della rendita fondiaria. E’ triste vedere che la sola risposta che l’amministrazione è in grado di proporre per affrontare il presente ed il futuro è il ritorno al tondino, esaltato dalla deregulation urbanistica. Servono invece rinnovate politiche, di cui i comuni siano attori principali, nel quadro di solidi riferimenti del piano territoriale regionale e dei piani di area vasta, e di una solida visione dell’autentico interesse pubblico. Sfortunatamente ne siamo ancora assai lontani: cominciamo col buttare via la proposta di legge, irricevibile e incorreggibile.

Arch.S. Ruini
Arch. R. Benevelli  associazione Eddyburg

Link del convegno regionale di venerdì 03 febbraio’17

mattino  http://videocenter.lepida.it/videos/video/2744/

pomeriggio  http://videocenter.lepida.it/videos/video/2746/