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Quale impatto delle dinamiche demografiche sulla vita di Reggio Emilia?

9 Marzo 2015

Intervista al Resto del Carlino

Nel periodo 1981-2001 la crescita demografica a Reggio Emilia è stata nel trend, per avere poi un’impennata significativa nel periodo 2001-2011 dovuta in primis all’immigrazione dallo esterno.
Nel 2001 viene adottato un PRG fortemente espansivo, incentrato sullo “sviluppo” dell’area nord con perno nella stazione Alta Velocità e nei tre cavalcavia (non ponti) di Calatrava, si concepisce la Reggio 2, la città della moda ecc…..
Nel 2009-2010 entra in vigore il nuovo PSC (piano strutturale comunale) che di fatto riconferma tutte le precedenti previsioni invocando in tanti casi i famigerati “diritti acquisiti” (giuridicamente inesistenti). Piani urbanistici che prevedono per la città un’espansione di 1400 ettari (pari a 14 Km!!) di superficie urbanizzata.

Questi piani a quali bisogni rispondono?

Di rendere accessibile anche alle fasce di reddito meno abbienti un alloggio dignitoso?

Di avere tipologie abitative e dotazioni di servizi adeguate ad una popolazione che invecchia e a famiglie sempre più esigue nei componenti ?

Le dinamiche demografiche e i cambiamenti insiti nella società provocano conseguenze negative quando non sono attuate, per tempo, adeguate politiche in tutti gli ambiti, dallo urbanistico, al welfare e al fiscale. E noi non ce ne siamo occupati, perché vale anche per Reggio Emilia quello che è successo a livello nazionale: il potere politico si è piegato al potere economico, e questo ha ridotto l’uso del territorio a mero strumento per lo “sviluppo economico”, cioè fare quattrini.

Lo dimostrano anche le parole usate abitualmente da amministratori, esperti, detentori di interesse, quando parlano di “città”: appetibilità commerciale, accessibilità, competitività.

E con questo linguaggio si prepara il terreno a operazioni che di socialmente utile per l’intera collettività non hanno nulla, esempio il parcheggio sotterraneo di piazza Vittoria, le varianti urbanistiche che consentono attività commerciali in un palazzo come il Bussetti, la stazione AV e così via.

Cosa si può fare?

Fare tutti gli sforzi possibili per connettere i nodi urbani antagonisti che abbiamo creato sul territorio (centro storico-area nord), dotare il centro storico di funzioni ed usi (un es. i cinema), delimitare un perimetro oltre il quale la città non deve espandersi fintanto che al suo interno non siano riempiti i vuoti, non dimenticando che anche di aree “vuote” come un giardino o parco la città ha bisogno per respirare; per una migliore qualità urbana e dell’aria occorre ridurre la necessità di usare il mezzo privato e qualificare il trasporto pubblico su gomma e su rotaia.
Occorre anche che gli abitanti, i cittadini comprendano la necessità di interessarsi ed occuparsi del territorio che abitano perché costruire consuma suolo, energia, genera montagne di rifiuti, e trasforma l’habitat in cui viviamo determinando gli stili di vita.
Come scrive e dice da anni l’urbanista Edoardo Salzano “…..il cittadino oggi non è preparato a comprendere la città e le regole della sua trasformazione, perché nulla di urbanistico c’è nel suo processo di formazione, quindi nel suo bagaglio culturale…….
Eppure la conoscenza dell’habitat dell’uomo potrebbe essere
(e dovrebbe diventare) uno strumento didattico formidabile per condurre i cittadini a comprendere, a partire dalle loro esigenze di individui, le ragioni, le necessità e le opportunità della vita sociale……Solo se comprendono il modo in cui queste operazioni vengono effettuate, essi si pongono nelle condizioni di poter incidere nella formazione del proprio futuro. Solo così si può partecipare concretamente alle scelte in cui la pianificazione urbanistica consiste.

R. Benevelli