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Soppressione fermate ferroviarie locali

16 Marzo 2015

Con vivo stupore e grande piacere apprendo che a Reggio Emilia esiste chi protesta contro la soppressione delle fermate ferroviarie locali, Due Maestà e Bosco!
Nel 2005 con l’inizio del percorso partecipativo per la redazione del piano urbano della mobilità (PUM), abbiamo appreso da tecnici illustri, incaricati, l’importanza di “sfruttare” e rafforzare l’uso metropolitano della rete ferroviaria locale esistente, la necessità di integrare queste infrastrutture con la nascente stazione Alta Velocità e la rete locale del trasporto pubblico su gomma.
Nel maggio 2006 una nota dell’ufficio stampa comunale ci annunciava che “….obiettivi e traguardi del piano: cambiare la mobilità a Reggio Emilia, riducendo l’inquinamento atmosferico e la congestione del traffico, implementando il servizio del trasporto pubblico con corsie preferenziali, rafforzare il sistema della sosta, incrementare le zone 30, completare la grande viabilità e organizzare la mobilità privata “ .
Erano anche gli anni dell’incremento demografico, dovuto alla forte immigrazione esterna.

Analisi condotte sul territorio per la redazione del nuovo piano strutturale (PSC) evidenziavano un invecchiamento della popolazione, una riduzione dei componenti dei nuclei famigliari, lo aumento delle famiglie uni-personali.
2009-2010 adozione del nuovo PSC che di fatto riconferma tutte le precedenti previsioni, nel silenzio più assoluto; tutt’ altro panorama dal lontano 1999 quando associazioni ambientaliste, comitati e singoli cittadini si organizzarono per portare le loro istanze alla redazione del nuovo piano regolatore generale (PRG).
In tutti questi anni non si è levata nessuna voce autorevole da parte dei professionisti reggiani, per poi leggerne oggi commenti stupiti o amareggiati di ciò che tocca in sorte alla nostra città preoccupati solo del centro storico, senza mai menzionare realtà come ad esempio:
quartieri incompiuti dopo un decennio dalla prima demolizione, parlo del Compagnoni o quartieri mai nati come Pieve Modolena, quartieri che lambiscono il centro storico ma trattati come “ghetti”, vedi Santa Croce.
Zone come via Turri, esempio di cosa può produrre un intervento di “riqualificazione”; negli anni 60/70 pubblicizzato come nuovo centro direzionale.
Per non parlare dei parchi disseminati nell’intorno urbano: parco Ottavi, parco del Crostolo

In realtà ho conosciuto, ne ricordo ancora oggi la disponibilità e la serietà, un architetto urbanista reggiano (oggi in pensione) che pagò anche professionalmente le conseguenze delle sue idee e per aver sostenuto con le sue competenze e consulenze (gratuite) associazioni, comitati, forze politiche che a lui si rivolgevano.
Unica voce disinteressata che nessuno va intervistare, chissà perché!

A dir il vero mi vien da dire mai perdere la speranza: è stato istituito “l’architetto di quartiere”.

Rossana Benevelli